Le principali controversie connesse agli animali domestici possono essere suddivise in tre categorie: la detenzione dell’animale, li suo comportamento negli spazi comuni, gli eventuali rumori e odori molesti provocati dallo stesso.
Nell’attuale ordinamento, sostenuto per altro dall’entrata in vigore della L. 221/10 di ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia del 13 novembre 1987, il sentimento per gli animali assurge ad un vero e proprio riconoscimento europeo, con conseguente protezione costituzionale. Va, quindi, riconosciuto, in capo ad un soggetto beneficiario di misura di protezione, in quanto vulnerabile, il diritto soggettivo a detenere un animale da compagnia. Nello specifico il Tribunale di Milano Sezione Civile, con decreto 13 marzo u.s. ha sancito il principio di diritto secondo il quale “l’animale non può essere più collocato nell’area concettuale delle ‘cose’ dovendo essere riconosciuto come ‘essere senziente’”. Deve, quindi, oggi ritenersi che il sentimento per gli animali costituisca un “valore” e un “interesse” riconducibile a una tutela costituzionale: secondo la dottrina penale classica solo gli interessi a copertura costituzionale giustificano, quale estrema ratio, la tutela penale, tutela che nel 2004 il nostro ordinamento ha introdotto nei reati di cui agli artt. 544-bis, 544-sexies c.p..Ciò che è certo, quindi, è che il rispetto degli animali costituisce “ormai patrimonio della coscienza sociale contemporanea”.
La normativa del condominio, così come di recente riformata, non poteva non tener conto di tali prese d’atto e, in questa ottica, al contenuto dell’art. 1138 del c.c. è stato, in maniera chiara, inserito che “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. I proprietari di questi, quindi, non possono oggi più vedersi negato il diritto di possedere animali da compagnia, essendo titolari di un diritto soggettivo su di essi, pur restando responsabili dei propri animali.
Nel disegno di legge precedente il divieto era riferito agli “animali da compagnia”; nel testo riformato subentra la definizione di “animali domestici”. Questo, di fatto, rappresenta limite della norma che lascia ampio spazio ad interpretazioni soprattutto con riguardo all’inquadramento degli “animali d’affezione”, i quali, a volte, pur essendo gestiti familiarmente, non possono essere considerati, allo stato, domestici. Pertanto, se tale norma del codice ci consente di dedurre, in maniera chiara,  la possibilità di interdire la presenza in condominio di animali esotici, ad es. rettili, meno pacifico risulta stabilire se animali quali criceti, conigli e furetti possano intendersi “domestici”. Si ritiene, quindi, che tale materia sarà oggetto di dispute giuridiche.
A prescindere dal dettato normativo è determinante che l’accesso di animali in condominio avvenga sempre nel rispetto delle regolamentazioni previste a tutela del viver comune.
In particolare l’ordinanza del Ministero della Salute 3 marzo 2009, obbliga i proprietari dei cani di assicurasi che l’animale abbia un comportamento adeguato alle specifiche esigenze di convivenza con persone e animali, rispetto al contesto in cui vive (art. 1 lett. e); ciò deve intendersi quale obbligo di mantenimento dell’ordine e della pulizia nelle aree comuni di passaggio, con specifico riferimento all’obbligo alla raccolta e/o eliminazione di tracce di deiezioni. Rimane sempre vigente l’obbligo di utilizzare il guinzaglio ad una misura a metri 1,50, durante la conduzione dell’animale nelle aree condominiali e l’applicazione della museruola, ma solo se in possesso di animale con indole aggressiva.
I possessori di animali domestici dovranno dunque attenersi a quanto previsto dalla normativa vigente, con particolare riferimento all’art. 844 c.c. in caso di violazione delle norme che superano la normale tollerabilità e, nello specifico, le immissioni rumorose, per non incorrere nel reato di “Disturbo del riposo o delle occupazioni delle persone”, ai sensi dell’art. 659 c.c., nonché, nel reato di omessa custodia ai sensi dell’art. 672 c.p..